La sindrome del parcheggio vuoto

Sono passati tre mesi, ormai, da quando ho aperto di nuovo questo spazio ed è abbastanza evidente che io non l’abbia curato bene come mi prefiggevo di fare. E’ una costante nella mia vita, e non sono del tutto certa di aver capito dove origina questo corto circuito. Uno dei mille mila della mia mente…

Questi tre mesi non sono stati per nulla semplici. Così come non lo sono stati gli ultimi anni, per la verità. Otto, a voler essere pignoli.

A tener banco in questi mesi è stata quella che mi auguro sia la fine di un ciclo di disastri medico-familiari mica da ridere. Sono stata coinvolta in prima persona nella risoluzione di questa cosa troppo grande per chiunque e, pare, che le cose stiano andando per il meglio ora. Non mi dilungherò su quali siano questi disastri nello specifico, perchè dovrei scrivere per giorni di cose che non mi riguardano… o che, per lo meno, non sono parte della mia personale quota del disastro. Comunque, in qualsiasi caso si è arrivati alla fine di un ciclo per quanto mi riguarda, e mi trovo a rimettere ordine in una vita che ho vissuto come esplosa fino a pochissimo tempo fa, e probabilmente anche adesso continuo a percepire come tale. Esplosa.

Nella mia personale quota di disastro, c’è stata una resistenza fin troppo agguerrita, quando probabilmente avrei solo dovuto mollare la presa e vedere dove portava la corrente. Tentando di dare una collocazione anche solo approssimativa a tutto questo disastro, mi sono di colpo resa conto che la domanda che mi è stata evitata all’inizio, ovvero “tu come l’hai presa?” è la stessa a cui non ho mai dato una risposta neanche fra me e me. Io non so come l’ho presa. Ero troppo impegnata a fare fronte a come l’hanno presa gli altri per fermarmi a pensarci, a capirlo. Come l’ho presa? Boh, l’ho presa.

Ora mi trovo in quella fase fortunata ed insieme spaventosa in cui tutto deve diventare qualche altra cosa, tutto può essere tutto, ma proprio per questo ti ritrovi con la sindrome del parcheggio vuoto: non hai la minima idea di dove diamine andare a parcheggiarti. Il fattore età non gioca a mio favore, quindi non posso tergiversare più di tanto fra un rettangolo e l’altro di questo immenso parcheggio vuoto.

Decidere quale direzione prendere nel prossimo e remoto futuro mi riempie di angoscia totale, ma sento (non so, sento) che se non sto dentro quest’angoscia e non cerco di capire come muovermi o, per lo meno, di muovermi… non potrà andare a finire molto bene per me. Per cui, resto apparentemente ferma a prendere e smontare pezzo per pezzo ogni convinzione, come se stessi facendo un cambio dell’armadio dei pensieri.

Qualche punto fermo, però, c’è. Ed anche se questo non è il luogo che ho curato di più nell’ultimo periodo, voglio appuntarmeli qui.

  1. Fare gli esami del sangue è diventato imprevedibilmente semplice. Passare dalle convulsioni a stare seduta e spicciarsela in quattro secondi è una conquista di portata enorme.
  2. Le persone a me care che non hanno dato un seguito pratico alle parole spese per me nel tempo, sono davvero poche. Sono di più le persone che mi hanno sorpresa con un interessamento che non immaginavo neppure esistesse. Quindi, tutto sommato, non penso di aver seminato così male.
  3. C’è un certo ospedale del centro Italia che non voglio mai più sentir nominare per quanto mi ci sono trovata davvero male.
  4. Ogni mia previsione si è rivelata esatta, che mi sia di lezione per quando dubito del mio istinto.
  5. Ho scoperto una mia nuova paura: quella di lasciarmi vedere. Forse è anche per questo che apro blog e poi non li aggiorno mai più.

Ricominciamo da qui.